Il trionfo dell'impero by K. M. Ashman

autore:K. M. Ashman [Ashman, K. M.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2020-05-03T22:00:00+00:00

Capitolo 20

Fiume Medway

Gwydion era in sella al suo cavallo accanto alla tenda del re. Avevano ricevuto l’ordine di farsi trovare pronti a partire all’alba per dirigersi verso il fiume Medway. Carataco era infuriato per il fatto che gli fosse stata negata la scelta del campo di battaglia a causa dello sbarco a sorpresa, ma aveva subito riorganizzato le sue forze per sfruttare al meglio la situazione. Aveva bisogno di un campo aperto per dispiegare i carri, e doveva portare il suo esercito sia oltre il fiume Medway sia oltre il Tamesas per avere un’occasione contro la cavalleria nemica. Perciò, più di sessantamila guerrieri si erano incamminati verso ovest, in direzione del guado che avrebbe permesso loro di attraversare il Medway, con l’ordine di radunarsi sul lato opposto.

Carataco emerse dalla sua tenda e montò a cavallo al fianco di Idwal e Togodumno. Gwydion e le altre guardie personali del re seguivano a stretto giro, mentre l’intero gruppo si dirigeva a nord. Togodumno cavalcava dietro i due re, ma in breve rimase indietro, avanzando al fianco degli altri uomini, ben più felice di trovarsi tra guerrieri che tra politici. Guidò il suo cavallo finché non si ritrovò accanto a Gwydion.

«Be’», disse Togodumno, «sembra che dovrai attendere un altro po’ per affrontare la tua prima battaglia».

«Siamo pazienti, mio signore», rispose Gwydion. «Le nostre armi saranno efficaci domani quanto lo sono oggi».

«Ah, già, le vostre armi», disse. «Se ricordo bene, ho perso uno dei miei guerrieri migliori per un bisticcio dovuto a una specie di arco. Illuminami, per quale motivo quell’arma valeva la vita di un brav’uomo?»

«Il tuo guerriero è stato causa della sua stessa morte, mio signore, l’arco non era altro che una scusa».

«Potrebbe essere, ma assecondami. Cos’ha di tanto speciale quest’arma che porti con te?»

«È un dono di mio padre, mio signore», disse Gwydion. «E viene tramandato nella mia famiglia da innumerevoli generazioni».

«Se ho capito bene si tratta di un arco straniero», disse Togodumno.

«È un’arma partica, mio signore, ma è stata realizzata su quest’isola dai nostri antichi artigiani».

«Antichi artigiani?»

«Sì, mio signore, si dice che quest’arco cambierà il corso della storia».

«Posso vederlo?».

Gwydion rifletté un istante prima di prelevare l’arco dalla borsa di cuoio legata alla gamba. Togodumno esaminò l’arma con interesse.

«Sembra frutto di una manodopera straordinaria, in effetti», disse. «Ma ne ho visti di altrettanto buoni. Dimmi, deceanglo», proseguì, «cosa mi impedisce di sottrarti l’arco in questo stesso momento?».

Gwydion fissò preoccupato il fratello del re.

«Non posso lasciartelo fare, mio signore», rispose.

«E come avresti intenzione di fermarmi? Hai dieci uomini, io sessantamila. Le probabilità sono vagamente a mio favore, non trovi?»

«Dovresti uccidere sia me sia i miei uomini, mio signore», disse Gwydion. «Uccidere la guardia personale del re dei Deceangli verrebbe considerato un insulto alla nostra tribù, e di certo l’ultima cosa che vuoi è una guerra con i Deceangli e i romani su due fronti distinti».

Togodumno scoppiò a ridere.

«Non ti scaldare, deceanglo», rispose. «Puoi tenere il tuo arco. Preferisco il mio spadone a due mani».

Restituì l’arma al suo proprietario e spronò il cavallo per raggiungere suo fratello.

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